mercoledì 12 giugno 2019

Conclusioni


Copertina del libro
Nel libro "Il  senso delle cose" di Richard Feynman, viene esposta la visione del fisico, nonchè autore del testo, su l'importanza del dubbio in relazione al  progresso della scienza.
Da qui abbiamo voluto approfondire il ruolo che svolge il valore sia nel campo scientifico, come avviene nella misura (sistema internazionale) e nella relatività (teoria di Einstein), sia in campo etico.

La nostra ricerca ha voluto soffermarsi, non solo sugli argomenti principali ed i temi centrali del libro, ma anche sulle varie relazioni ed interconnessioni che legano le tematiche stesse.

Richard Feynman

I principali link, come evidenziato dalla mappa concettuale, sono:
Tuttavia, ci è sembrato opportuno studiare altri concetti chiave legati al valore quali la filosofia dei valori ed il ruolo del valore nel pensiero occidentale.

The importance of value


Mappa concettuale


Dubbio  

Teoria della relatività


Albert Einstein
La teoria della relatività formulata da Albert Einstein, prima nella sua versione ristretta e poi in quella generale, ha modificato profondamente la teoria della relatività galileiana e ha cambiato il nostro concetto di tempo e di spazio. Per quanto sorprendenti, le previsioni di Einstein hanno ottenuto numerose conferme. Sempre alla relatività dobbiamo l’equazione più famosa della fisica: E = mc2

Nell’articolo del 1905, in cui Albert Einstein espone i fondamenti della relatività ristretta, fa la sua prima comparsa anche la sopra citata formula, destinata a diventare l’equazione per eccellenza della fisica. Essa stabilisce che se un corpo emette un’energia E sotto forma di radiazione, la sua massa m diminuisce di una quantità E /c2, quindi massa ed energia possono trasformarsi l’una nell’altra. Questo avviene per esempio nei decadimenti radioattivi o nelle reazioni nucleari. L’equazione E = mc2 dice anche che una piccolissima massa può trasformarsi in una enorme quantità di energia, perché il fattore c2 vale 9 x 1016. Per esempio, così si spiega perché una stella possa splendere per miliardi di anni trasformando, attraverso le reazioni nucleari, una piccolissima parte della sua massa in un’enorme quantità di energia.

La filosofia dei valori

Si tratta di un ampio movimento filosofico che, opponendosi al materialismo positivistico e al nichilismo nietzschiano e rifacendosi alla rinascita del Kantismo nella seconda metà del XIX secolo, affronta il problema dei valori morali intesi come convalidati dalla loro universalità e da quella metafisica ispirata da Kant. 

Preside Kant
Secondo la filosofia morale di Kant, le azioni quali mentire non erano permesse perchè non le si poteva "universalizzare" coerentemente. Se tutti mentissero costantemente, verrebbe minato il concetto fondamentale della menzogna, dal momento che nessuno crederebbe a nulla di quello che qualcun altro ha detto, facendo perdere lo scopo del mentire.
Inoltre, Kant riteneva che per poter ritenere un'azione morale, essa dovesse essere compiuta al di fuori di ogni senso del dovere. Per un pompiere, salvare una persona da un edificio in fiamme, non è un atto eroico o morale, secondo Kant, si  tratta solo di senso del dovere e responsabilità.

Kant considerava valida l'universalità filosofica dei valori, non come premessa, ma come postulato della morale: essa così esercitava un primato rispetto alla ragion pura: «dal valore all'essere, non già dall'essere al valore.»
Alla base dei postulati della ragion pratica kantiana, infatti, non vi è un "so" ma un "voglio": «voglio che esista Dio, voglio che la mia esistenza in questo mondo sia anche un'esistenza nel mondo intelligibile, voglio che la mia durata sia senza fine.»
Se i postulati, quindi, non potranno mai assumere il valore di un vero e proprio sapere, nello stesso tempo, però, nessun progresso scientifico potrà mai metterli in dubbio; anzi è proprio la loro insostenibilità razionale che darà valore all'azione morale. La scienza e il mondo naturale trovano quindi il loro significato non in se stessi ma solo se riferiti a una metafisica morale.
Per la filosofia dei valori l'essere allora si identifica con il valore: «Esiste veramente quello che vale; quello che non vale non è o quanto meno tende a non essere.».

Contrapponendosi alle tesi dei neokantiani Max Weber (1864–1920) rifiutò l'idea che i valori avessero un qualche significato metafisico mentre possedevano una "trascendenza normativa" nel senso che essi costituiscono i punti di riferimento di ogni concreta azione storica. Quando però i valori si concretizzano storicamente nello stesso tempo appaiono i loro conflitti interni per cui non possono essere assunti come sicuramente validi e l'uomo è costretto a una scelta che li riporta alla problematicità e al condizionamento storico.

Con Martin Heidegger (1889–1976), infine, si è voluta dissolvere ogni filosofia dei valori in nome della nietzschiana svalutazione e fine di tutti i valori che però si presenta come una concezione contraddittoria quando Nietzsche stesso auspica metafisicamente una "trasmutazione di tutti i valori" e la creazione di nuove «tavole di valori».

(fumetto da existential comics)

Il "valore" nel pensiero occidentale

 
Valore economico e valore materiale
Il cristianesimo ha notevolmente sviluppato il concetto di "persona", introducendo, per così dire, il valore della responsabilità personale, l'idea di libera scelta, il primato della coscienza...
Prima del cristianesimo era considerato "persona" solo l'individuo che disponeva di un certo potere o che ricopriva un qualche ruolo ufficialmente riconosciuto. Non si era "persona in sé", a prescindere da tutto, ma soltanto in rapporto a qualcosa di estrinseco. Il valore di una persona era dato da qualcosa di "esterno", che l'individuo doveva "possedere" per essere considerato qualcuno.
Nel mondo romano occorreva almeno lo status di cittadino libero: cosa che distingueva il romano dallo straniero, il libero dallo schiavo. Poi naturalmente vi erano i ruoli politici, sociali, culturali, religiosi.
Fra i cittadini liberi, l'uomo era più "persona" della donna, e il vecchio più del giovane.
I guai sono venuti quando il cristianesimo, nella forma storica del cattolicesimo-romano, ha rinunciato politicamente alla prassi comunitaria, trasformando il ruolo del pontefice in una monarchia teocratica assoluta. La conseguenza è stata la trasformazione del valore della persona in un concetto meramente astratto, oggetto di speculazione filosofica, cui appellarsi soprattutto quando la prassi individualistica comportava degli eccessi pericolosi. 
Nel momento stesso in cui la contraddizione fra politica autoritaria e collettivismo più o meno democratico è giunta al culmine della tollerabilità, è nato il protestantesimo, che ha legittimato l'individualismo anche sul piano sociale. Ed è stato così che è poi nato il capitalismo.
Questa maschera non è stata necessaria nei paesi extra-europei, dove, anche se sul piano pratico l'esigenza comunitaria si manifestava con un certo vigore, non si era ancora arrivati, in mancanza della profondità del cristianesimo, a elaborare un'ideologia del valore assoluto della persona. L'individuo veniva semplicemente considerato come una parte del tutto e mai, in nessun caso, come un elemento che, in virtù della propria consapevolezza di sé, poteva porsi al di sopra dei limiti comunitari e naturali.
Ciascuno dei criteri sulla base dei quali un individuo o una collettività stabilisce quali idee, comportamenti, fini o mezzi sono giudicati giusti e perseguibili e quali ingiusti. I valori, perciò, influenzano le norme sociali, ma si differenziano da esse per il carattere puramente astratto. Questo approccio ignora però i conflitti di valori che interessano numerose società, anche nella forma del mutamento culturale (come nel caso dei valori postmaterialistici dei principali Paesi occidentali), esaspera il carattere normativo dei valori stessi e trascura i condizionamenti della struttura sociale (il riferimento ai valori è spesso un potente strumento di controllo sociale).

Scienza

Topolino in camice da scienziato: gli eroi Disney sono i protagonisti degli albi di «Scienza papera»

Espressione con la quale comunemente si indica l’ambito della ricerca filosofica che ha per oggetto la riflessione critica sulla natura, le metodologie e le implicazioni culturali, politiche, morali, religiose, ecc. delle diverse discipline scientifiche. In quanto indagine sulla natura e sui limiti del metodo scientifico, la filosofia della scienza trova le sue origini nel pensiero greco: in primo luogo nella determinazione logico-ontologica operata da Platone dei caratteri rispettivi dell’ἐπιστήμη e della τέχνη, contrapposte alla δόξα, e nel confronto da egli istituito tra la dialettica e le procedure epistemiche proprie della matematica e della medicina del suo tempo; in secondo luogo nella sistematica trattazione aristotelica delle forme del sapere dimostrativo, fondata sulla definizione di scienza come conoscenza della causa e della necessità delle conclusioni. Nel suo significato attuale, la filosofia della scienza può essere fatta risalire al dibattito sul metodo che ha coinvolto i massimi protagonisti della rivoluzione scientifica, e segnato – in concomitanza con i profondi mutamenti concettuali e sperimentali delle scienze – la riflessione gnoseologica moderna, dalla riforma empiristico-induttiva di F. Bacone ai procedimenti galileiani e newtoniani d’indagine matematica dei fenomeni fisici, dalla riflessione cartesiana sul ruolo euristico e dimostrativo dell’analisi alla dottrina kantiana della struttura categoriale dell’intelletto e dell’idealità trascendentale degli oggetti dell’esperienza. Con il Cours de philosophie positive (1830-42; trad. it. Corso di filosofia positiva) di Comte, il Philosophy of inductive sciences (1840) di Whewell e il System of logic rationative and inductive (1843, trad. it., Sistema di logica deduttiva e induttiva) di Mill ha inizio il processo di autonomizzazione dello studio delle problematiche generali del metodo scientifico, indotto dal progressivo frammentarsi di molti dei tradizionali ambiti di ricerca di pertinenza filosofica nelle singole scienze – sorte dalla ristrutturazione illuministica e positivistica dell’enciclopedia del sapere – e sollecitato, a cavallo tra Otto e Novecento, dai rivolgimenti teorici irreversibili in vasti settori della ricerca matematica, logica e fisica.


Citazioni dal libro:
  • La scienza è certa solo di non aver certezze:
    «Ciò che oggi chiamiamo “conoscenze scientifiche” è un corpo di affermazioni a diversi livelli di certezza. Alcune sono estremamente incerte, altre quasi sicure, nessuna certa del tutto. Noi scienziati ci siamo abituati, sappiamo che è possibile vivere senza sapere le risposte. Mi sento dire: “Come fai a vivere senza sapere?”. Non capisco cosa intendano. Io vivo sempre senza risposte. È facile. Quello che voglio sapere è come si arriva alla conoscenza.» (pag. 36-37).
  • La scienza non riconosce autorità (e ricordo che a dirlo è uno che diventerà premio Nobel di lì a due anni):
    «non c’è un’autorità che decida quale idea sia buona e quale no: non abbiamo più bisogno di verità rivelate. Possiamo consultare il luminare di turno e chiedergli di illustrarci il suo punto di vista, e poi fare gli esperimenti del caso e scoprire se quel che dice è vero oppure no. Se non è vero, peggio per lui: è così che le “autorità” perdono un po’ della loro “autorità”.» (pag. 30-31).
  • Le idee non hanno padroni:
    «Molti si stupiscono che nel mondo scientifico si dia così poca importanza al prestigio o alle motivazioni di chi illustra una certa idea. La si ascolta, e se sembra qualcosa che valga la pena di verificare – nel senso che è un’idea diversa, e non banalmente in contrasto con qualche risultato precedente – allora sì che diventa divertente. Che importa quanto ha studiato quel tizio, o perché vuole essere ascoltato?» (pag. 31-32).
  • Dunque val la pena indagare qualunque idea purché rivoluzionaria? Beh, non proprio questo perché il metodo scientifico:
    «[…] si basa sul principio che l’osservazione è il giudice ultimo di come stanno le cose. Quando si capisce che solo l’osservazione può dimostrare la verità di un’ipotesi, ogni altro aspetto e caratteristica della scienza diventa immediatamente comprensibile. In questo contesto “dimostrare” significa “verificare”, o “controllare” […]»  (pag. 25).
  • Una mente aperta coltiva il dubbio ma questo non implica considerare che ciò che è possibile sia necessariamente probabile:
    «Mi è capitato di parlare di dischi volanti in spiaggia con delle persone, e la cosa che ho trovato interessante è questa: continuano a dire che è possibile. Ed è vero: è possibile. Ma il problema – ed è questo che la gente si ostina a non capire – è un altro […]: non si tratta di decidere cosa sia teoricamente possibile, ma di cercare di capire cosa è probabile, che cosa sta succedendo. Non serve dimostrare ogni volta che non si può essere sicuri al cento per cento che lo strano oggetto lassù non sia un disco volante. Quello che dobbiamo fare è cercare di prevedere se dovremo o no preoccuparci di un’invasione marziana, se quello è un disco volante, se è ragionevole che lo sia. E tutto questo in base ai dati dell’esperienza, una cosa ben più impegnativa che dire semplicemente se è possibile o meno. In genere la gente non ha una percezione chiara del numero di cose possibili. E quindi non ha chiaro nemmeno il numero di cose possibili che tuttavia non stanno accadendo, né il fatto che è impossibile che tutte le cose possibili accadano. Ce n’è una tale varietà che molto probabilmente la stragrande maggioranza delle cose che vi vengono in mente come possibili sono fasulle.» (pag. 82-83).

Etica


Etica e morale

Termine introdotto da Aristotele per designare le sue trattazioni di filosofia della pratica; indica quella parte della filosofia che si occupa del costume, ossia del comportamento umano. 
Salvo che in alcuni filosofi (per es., in Hegel), etica è sinonimo di morale, in quanto i due termini si riferiscono alla disciplina che si occupa del «Costume». In senso ampio, l’etica può essere intesa come quel ramo della filosofia che si occupa di qualsiasi forma di comportamento umano, politico, giuridico o morale; in senso stretto, invece, l’etica va distinta sia dalla politica sia dal diritto, in quanto ramo della filosofia che si occupa più specificamente della sfera delle azioni buone o cattive e non già di quelle giuridicamente permesse o proibite o di quelle politicamente più adeguate. 

venerdì 7 giugno 2019

Bioetica

Etica della vita: morale e scienza

Il termine bioetica, coniato nel 1970 dal cancerologo statunitense Van Rensselaer Potter, indica un'etica incentrata sull'assunzione di responsabilità dell'uomo per il sistema complessivo della vita. Con lo stesso termine, in seguito, si venne a delineare lo studio della condotta umana nell'area delle scienze della vita e della cura della salute, esaminata alla luce di valori e princìpi morali. 
La bioetica nasce perché lo sviluppo delle scienze e delle tecnologie biomediche hanno posto problemi che travalicano l'ambito del sapere scientifico per investire quello della responsabilità morale e della regolamentazione giuridica. Alcune importanti novità causarono la nascita della bioetica:
  • la scoperta della struttura a doppia elica del DNA (1952)
  • la conseguente ingegneria genetica
  • la preparazione della pillola di Pincus per la contraccezione ormonale (1953)
  • lo sviluppo del trapianto d'organo (1967)
  • il sostegno artificiale delle funzioni vitali (1968 - 1970)
  • il concepimento in vitro (1978)
  • la clonazione (1997).
Queste sono le questioni che hanno dato luce alla bioetica e che fondamentalmente la tengono in vita, dando origine a due posizioni:
  • la bioetica può assumere la figura di una riaffermazione di alcuni valori centrali già presenti nell'etica tradizionale di derivazione ippocratica (dignità della vita umana individuale e sua inviolabilità) e quindi può porre un argine allo sviluppo indiscriminato delle tecnologie;
  • può diventare il luogo di una nuova etica per molti aspetti rivoluzionaria sic et simpliciter.

Dubbio


Pillola blu o pilllola rossa?
Il dubbio viene definito come stato soggettivo d’incertezza, da cui risulta un’incapacità di scelte, essendo gli elementi oggettivi considerati insufficienti a determinarle in un senso piuttosto che in quello opposto. 

Filosoficamete, il dubbio trova la sua più ampia applicazione presso gli scettici che lo intendono come «esitazione a affermare o negare», come quel momento cioè, nel corso dell’indagine, che, in radicale opposizione al dogmatismo, conduce poi, mediante il riconoscimento dell’«indifferenza» delle opposte ragioni, alla sospensione del giudizio (Dubbio metodologico).

Incredulità di San Tommaso
Tommaso ci si mostra come un rozzo ed ottuso filosofo materialista intento ad una duplice operazione di verifica: non solo tocca la ferita del costato di Cristo, ma contemporaneamente la scruta evidenziando la meraviglia del tutto umana di chi non riesce a capire.




Valore

In filosofia il termine non ha un significato unico e universalmente accolto: è stato inteso come principio o idea di validità universale, o come principio, soprattutto di vita morale, dipendente da una valutazione soggettiva e pratica.

Dal punto di vista dei comportamenti sociali, si tende a considerare come valore ogni condizione o stato che l’individuo o più spesso una collettività reputa desiderabile, attribuendogli in genere significato e importanza particolari e assumendolo a criterio di valutazione di azioni e comportamenti.

Nelle scienze matematiche e fisiche, la determinazione quantitativa assunta da una variabile o da una funzione, ovvero la misura di una grandezza (con segno, ove la grandezza sia suscettibile di valori positivi e negativi) rispetto a una data unità.

In musica, durata relativa delle note e delle pause corrispondenti:

Valore note musicali


Relativismo etico sofistico


Equilibrio etico
I sofisti avanzano una nuova concezione del mondo greco concentrando la riflessione filosofica non più sulla physis ma sull'uomo.
L'uomo è collegato al mondo tramite i sensi e questi danno delle cose una visione che:
  • muta da individuo a individuo;
  • muta nello stesso individuo;
  • dura sin che dura la sensazione istantanea e fuggevole.
Quindi non sapremo mai ciò che è vero e ciò che è falso ma solo ciò che a noi sembra vero o ciò che a noi conviene far sembrare vero. Analogamente per il rapporto tra teoria e pratica svanisce ogni distinzione tra bene e male.

La virtù con i sofisti non dipende più dalla nascita ma dal sapere accessibile a tutti quelli che possono pagarselo. Essi superano l'antico ideale aristocratico guerriero del bello e del buono (kalokagathia), della forza fisica e del valore, e per questo sono avversati dai regimi conservatori e benpensanti scandalizzati dall'insegnamento a pagamento di una educazione che prima si trasmetteva di padre in figlio.

Il dovere di comportarsi varierà a seconda del soggetto, della sua età, della sua cultura, delle circostanze.
Quando Gorgia fu incaricato dal governo ateniese di celebrare i caduti nella guerra del Peloponneso egli disse che questi non furono eroi, ma sono da onorare perché accettarono la situazione in cui si trovarono e seppero agire come le circostanze richiedevano, seppero cioè rispondere all'apparenza della situazione. 

giovedì 6 giugno 2019

Dubbio metodologico


Il dubbio metodico differisce dal dubbio scettico che è invece un dubitare per dubitare e nel quale il dubbio è fine a sé stesso per la totale sfiducia nelle qualità dell'uomo. Mentre gli scettici greci dubitavano effettivamente della possibilità di avere una conoscenza vera della realtà, lo scetticismo metodologico si differenzia da questa corrente perché usa il dubbio solo come metodo per mettere alla prova le conoscenze in nostro possesso e giungere così a certezze più difficilmente dubitabili.

In questo modo lo strumento dello scetticismo metodologico non nega affatto la possibilità di conoscenza vera, come invece sosteneva lo scetticismo greco. Lo scetticismo metodologico si può considerare erede del Rasoio di Occam e precursore del falsificazionismo di Karl Popper.


Copertina della prima versione in inglese degli "Elementi" di Euclide ad opera di Sir Henry Billingsley, 1570
 Dalla lettura degli Elementi di Euclide nasceva la convinzione che le verità certe apparivano evidenti alla ragione, senza bisogno di ulteriori dimostrazioni e che il loro fondamento fosse il principio di non-contraddizione. Partendo dal presupposto di non poter fondare sperimentalmente la certezza, come era invece nella prassi dalla quale muoveva il suo contemporaneo Galileo Galilei, intuisce la necessità di una riflessione sul fondamento della certezza: il valore di un dubbio metodico, previsto dal metodo cartesiano, è proprio quello di trovare tale fondamento.

Sistema internazionale delle unità di misura

Ebook scuola zanichelli
Il sistema internazionale di unità di misura, abbreviato in SI, è il più diffuso sistema di unità di misura.

Ogni grandezza fisica e la relativa unità di misura è combinazione di una o più grandezze fisiche e la relativa unità di misura di base o il reciproco di una di esse. Tutte le unità sono definibili misurando fenomeni naturali. Il chilogrammo è l'unica unità di misura di base contenente un prefisso: il grammo è un'unità di misura troppo "piccola" per la maggior parte delle applicazioni.

Le grandezze fisiche derivate sono tutti i multipli ed i sottomultipli delle grandezze fondamentali e le grandezze fisiche che si possono ottenere dalla combinazione per moltiplicazione o divisione delle grandezze fisiche fondamentali. Molte di esse hanno nomi particolari (ad esempio la grandezza derivata "joule/secondo" è chiamata anche "watt"). Verificando la relazione tra le grandezze fisiche derivate e le grandezze fisiche fondamentali non solo si vede la relazione esistente tra due grandezze fisiche ma, attraverso l'analisi dimensionale, si può verificare la correttezza sui calcoli e/o equazioni di una legge fisica.

(Ebook scuola Zanichelli)


La comunità scientifica internazionale ha identificato sette grandezze indipendenti, le grandezze fondamentali, dalle quali possono essere ricavate tutte le altre (grandezze derivate). Il sistema metrico fondato sulle sette grandezze fondamentali è chiamato Sistema Internazionale di Unità (abbreviato in SI).
La comunità scientifica internazionale ha identificato sette grandezze indipendenti, le grandezze fondamentali, dalle quali possono essere ricavate tutte le altre (grandezze derivate). Il sistema metrico fondato sulle sette grandezze fondamentali è chiamato Sistema Internazionale di Unità (abbreviato in SI).

mercoledì 5 giugno 2019

Relatività

 Maurits C. Escher, Relatività, 1953, litografia

Costruzione teorica fisico-matematica sviluppata da A. Einstein. Le implicazioni filosofiche di questa teoria investono i concetti di spazio e tempo e, più in generale, l’epistemologia e la teoria della conoscenza. Essa si fonda su due postulati che, diversamente da quanto avveniva nella fisica classica newtoniana, non consentono di attribuire un valore assoluto alle indicazioni di spazio e di tempo, come se questi fossero indipendenti dallo stato di moto del corpo o sistema di riferimento. Ciò non significa una relativizzazione di tutte le proprietà fisiche.

Proprio questa invarianza trovò la sua migliore espressione matematica nella teoria del continuo tetradimensionale; in tale teoria, spazio e tempo decadono a “mere ombre” e vengono trattati come un’unica entità non separabile. Sarà poi lo stesso Einstein a indicare le conseguenze epistemologiche e gnoseologiche della “detronizzazione” dell’euclideismo da lui operata, egli affermerà che “nella misura in cui le posizioni della matematica si riferiscono alla realtà, esse non sono certe, e nella misura in cui sono certe, non si riferiscono alla realtà”.

Altri due importanti aspetti della costruzione relativistica einsteiniana che hanno in immediato rilievo filosofico sono costituiti dalle implicazioni cosmologiche (ossia dal fatto che la teoria della relatività porta all’interessante tesi di un universo finito ancorché illimitato) e dal tentativo di giungere a una teoria unificata del campo che elimini il binomio materia-campo e consideri quest’ultimo come unica realtà. Ulteriori implicazioni indirette riguardano l’intreccio tra teoria ed esperienza, la natura e la funzione delle cosiddette definizioni operative, la presenza di elementi convenzionali accanto a quelli empirici, il ruolo della semplicità nella scelta delle ipotesi.


(elaborato dal materiale di "Enciclopedia Garzanti di filosofia")

Misura

Universalità/relatività della misurazione


Riguardo la misura l’importante è non accettare acriticamente il procedimento di misurazione. E’ nozione comune che lo studio della natura - ma in particolare quello dell'universo fisico - abbia assunto un carattere veramente scientifico e ben fondato solo quando si è cominciato a considerarne l'aspetto quantitativo, oltre a quello puramente qualitativo. Forse non tutti si rendono conto che una valutazione quantitativa c'è sempre stata. 
Tuttavia è certo che un progresso notevole si ebbe quando si pensò di ricorrere a valutazioni più precise, introducendo il concetto di misura e facendo corrispondere ad ogni grandezza considerata un numero. Ma si può dire grosso modo che a questo stadio ci si fermò per parecchi secoli. Quella che oggi si chiama rivoluzione scientifica tout court e che iniziò circa quattro secoli fa - soprattutto, ma non solo, per merito di Galileo - portò a scoprire in modo inconfutabile un nuovo metodo per stabilire relazioni quantitative necessarie fra le cose della natura: il metodo sperimentale. 
Cominciamo con le grandezze fisiche e consideriamo le più "semplici". Che cos'è una lunghezza, che cos'è un tempo? Tutti lo sanno; eppure provatevi a definirli e vi troverete subito smarriti. Non ci sono parole adatte per far conoscere quelle grandezze a chi non le conosce già.  Ma qui è nata un'idea importantissima, che si è precisata soprattutto nel nostro secolo. Nella scienza fisica si parla delle grandezze solo in quanto si sanno misurare. Naturalmente se ne può anche parlare in generale: ma in tal caso si fa solo un discorso comune, non della scienza. D'altra parte in fisica è perfettamente sufficiente poter misurare le grandezze per arrivare a formulare quelle leggi matematiche che legano costantemente fra loro i risultati di quelle misure.  Non importa quindi sapere che cos'è in sé una lunghezza, che cos'è in sé un tempo, e così via; basta saperli misurare.
Nasce così il concetto di definizione operativa delle grandezze fisiche: "ogni grandezza fisica è definita dalla successione delle operazioni che si devono compiere per misurarla". In tal modo però ci si preclude di penetrare l'essenza delle cose e che soprattutto si impoverisce il concetto della grandezza di cui ci si occupa. Ma sta il fatto che quel senso puramente interiore non serve a fare la fisica. La misura di una grandezza fisica non è mai un numero reale, prima di tutto per ragioni pratiche, e fin qui si potrebbe anche parlare di errore umano; ma in secondo luogo non può esserlo anche per ragioni teoriche, il che è ben più grave. La misura come numero reale non esiste, perché non ha senso. Allora si prende onestamente atto della situazione, contentandosi di quella che normalmente viene chiamata approssimazione.