Maurits C. Escher, Relatività, 1953, litografia
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Costruzione teorica fisico-matematica sviluppata da A. Einstein. Le implicazioni filosofiche di questa teoria investono i concetti di spazio e tempo e, più in generale, l’epistemologia e la teoria della conoscenza. Essa si fonda su due postulati che, diversamente da quanto avveniva nella fisica classica newtoniana, non consentono di attribuire un valore assoluto alle indicazioni di spazio e di tempo, come se questi fossero indipendenti dallo stato di moto del corpo o sistema di riferimento. Ciò non significa una relativizzazione di tutte le proprietà fisiche.
Proprio questa invarianza trovò la sua migliore espressione matematica nella teoria del continuo tetradimensionale; in tale teoria, spazio e tempo decadono a “mere ombre” e vengono trattati come un’unica entità non separabile. Sarà poi lo stesso Einstein a indicare le conseguenze epistemologiche e gnoseologiche della “detronizzazione” dell’euclideismo da lui operata, egli affermerà che “nella misura in cui le posizioni della matematica si riferiscono alla realtà, esse non sono certe, e nella misura in cui sono certe, non si riferiscono alla realtà”.
Altri due importanti aspetti della costruzione relativistica einsteiniana che hanno in immediato rilievo filosofico sono costituiti dalle implicazioni cosmologiche (ossia dal fatto che la teoria della relatività porta all’interessante tesi di un universo finito ancorché illimitato) e dal tentativo di giungere a una teoria unificata del campo che elimini il binomio materia-campo e consideri quest’ultimo come unica realtà. Ulteriori implicazioni indirette riguardano l’intreccio tra teoria ed esperienza, la natura e la funzione delle cosiddette definizioni operative, la presenza di elementi convenzionali accanto a quelli empirici, il ruolo della semplicità nella scelta delle ipotesi.
(elaborato dal materiale di "Enciclopedia Garzanti di filosofia")
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